Di solito iniziavi il discorso chiamandomi Orlandino con un bonario sberleffo nel tono.
C’era sempre una contraddizione non sciolta, un nodo politico irrisolto, una questione che l’organizzazione del partito doveva affrontare.
Si, perché quando ci conoscemmo, molti anni fa, io lavoravo nella “sala macchine” dell’organizzazione e tu al coordinamento femminile dei ds.
Ed io ti rispondevo scuotendo la testa infastidito.
Poi ridevamo.
Era quasi uno sketch mandato a memoria. Quindi affrontavamo la questione e tu ci mettevi “la scuola” e la passione, perché era la passione per la politica che ti guidava ed il mestiere che si apprende con il lavoro politico che ti faceva orientare anche nelle materie nuove che ti avevamo chiesto di affrontare e che hai sempre saputo affrontare con intelligenza.
Lo avevamo misurato insieme quando nella scorsa legislatura con l’impegno di sempre mi avevi aiutato a chiudere la vergogna degli ospedali psichiatrici giudiziari nella commissione competente del senato.
Non mi sembra davvero possibile, eppure te ne sei andata. Troppo presto.
Un poeta ha detto “chi ha compagni vive per sempre” e tu Emilia hai tutti i compagni con i quali abbiamo camminato insieme, sperando di costruire un mondo più giusto, qualche volta riuscendoci.